Speciale ORFEO 9: incontro con l’autore Tito Schipa Jr e i due collaboratori Elena Landi e Fabio Sanna

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A cura di Luca Cirillo in esclusiva per Palcoscenico

Descrivere in breve “Orfeo 9” per i pochi che non lo conoscono è un’impresa ardua, perché “Orfeo 9” resta nella memoria collettiva come un’opera pop talmente penetrante e meritoria di rispetto, che qualsiasi “sintesi” potrebbe apparire come una piccola eresia.
Ciò che posso dire è che una volta conosciuto, “Orfeo 9”, ti conduce in un mondo apparentemente lontano e fantastico, ma invece così vicino e reale da lasciare spiazzati in ogni istante.

“Orfeo 9” fu anche occasione di incontro e “lancio” per alcuni degli artisti più innovativi del nostro paese come Renato Zero, Loredana Bertè e Tullio de Piscopo e di un grande della musica mondiale come Bill Conti.
Avere avuto la fortuna di intervistare Tito Schipa Jr (www.titoschipa.it), artista semplicemente geniale e per questo probabilmente “scomodo”, autore di questo sogno assoluto, è per me una grande fortuna e immensa è la felicità di poter regalare questo speciale al pubblico di Palcoscenico, proprio in occasione del trentennale di “Orfeo 9”.

Con lui, due personaggi vicini al suo mondo ovvero la stimata fotografa e web designer Elena Landi, ormai in pianta stabile nello staff di Schipa Jr (www.elenalandi.it) e Fabio Sanna autore di un interessante e visitatissimo sito celebrativo su “Orfeo 9” (www.orfeo9.com).
Nell’attesa che il “mondo” di Orfeo, del Venditore di Felicità, del Vivandiere e del Blues Singer, possa tornare a vivere sui palcoscenici italiani, vi lascio alla lettura di questo lungo speciale….

Se vuoi venire con noi……(da “Invito” di Tito Schipa Jr)

TITO SCHIPA JR.

E’ un vero piacere per me poterla intervistare per “Palcoscenico” e concludere questo speciale dedicato ad “Orfeo 9” intervistando l’autore e protagonista principale di questa opera così importante e innovativa. Mi “gioco” subito la domanda più scontata: quali furono le ispirazioni principali che la fecero arrivare alla scrittura di “Orfeo 9”.

TITO SCHIPA JR: Anch’io mi gioco subito un Jolly: ho appena terminato di scrivere per la Rete la storia dell’allestimento di Orfeo 9 (il “making”). Lì ho fatto del mio meglio per soddisfare molte curiosità. Quindi per prima cosa vorrei suggerire: se qualcuno vuole approfondire ulteriormente passi, dopo aver letto queste pagine, a WWW.ORFEO9.COM. o a WWW.TITOSCHIPA.IT.
A parte questo vi ringrazio infinitamente del vostro interesse, che per noi è prezioso, e passo a rispondere con più sinteticità che in quelle pagine:
Orfeo 9 nacque per una serie di combinazioni e di imprevisti che ancor oggi mi sorprendono. Il particolare più clamoroso è che in realtà fu buttato giù d’urgenza per sostituire all’ultimo minuto uno spettacolo che avevamo già pronto per il Teatro Sistina e che non si poté fare. Una bella corsa! A parte questo, la storia e i suoi significati rispecchiavano, e rispecchiano ancora, scoperte e convinzioni molto sincere e profonde, quelle che segnarono i tempi del nostro risveglio. Quando dico “noi” parlo di una generazione molto fortunata che ebbe il privilegio, e anche il rischio, di poter guardare a lungo e con chiarezza “oltre il muro”, come direbbe Jung.

Dell’opera lei fu regista, compositore, autore e protagonista. Quanto tempo impiegò per la scrittura dell’opera completa?

Poche settimane, sempre per via dell’urgenza. Cominciai a scrivere all’Isola d’Elba, sul pianoforte del grande compositore Mario Peragallo che mi ospitava. L’Elba fu essenziale per l’origine dell’idea e mi accompagnò anche nel principio della sua realizzazione. Poi continuai a casa mia, a Roma, e scrissi fino all’ultimo, con le prove già in corso.

Ci parli della partecipazione del grande Bill Conti.

Bill suonava in un piano-bar di Roma per una paga ridicola su cui di recente abbiamo riso moltissimo, quando sono andato a trovarlo nella sua casa faraonica di Los Angeles. Eravamo tutti abbastanza sottovalutati, e soprattutto lui fu considerato dalla casa discografica che pubblicò Orfeo 9 poco più di un turnista.
Invece si avviava a una carriera che sarebbe culminata in un premio Oscar.

L’opera fu coprodotta da Garinei e Giovannini per il Teatro Sistina.
Quale fu la loro reazione quando presentò loro il progetto?

La accettarono a scatola chiusa, e in questo furono straordinari. Come racconto nel “making”, il rapporto con loro avrebbe potuto poi svilupparsi in direzioni molto diverse e importanti se le condizioni stressantissime di lavoro, una inevitabile lontananza nelle mentalità e la mia intemperanza giovanile non ci avessero portato a perderci per strada. Malgrado questo Pietro Garinei, ogni volta che mi incontra, borbotta: “Sto ancora aspettando il seguito di Orfeo 9″…

Lei aveva già realizzato nel 1967 un’opera-pop “THEN AN ALLEY“. Cosa ricorda di questa esperienza?

Come si può ricordare l’inizio di tutto, la scintilla, l’episodio che dà il La a tutta la vita. Per questo il mio racconto in rete parte proprio da quei giorni. Oggettivamente in quel Maggio del 1967, al Piper Club di Roma, inventammo l’opera rock. Lo riconoscono anche gli americani, che su questi argomenti fanno testo: quando andai a Broadway per l’edizione americana di “Er Dompasquale” lo fecero notare loro a me!
“Then an Alley” fu anche il mio primo contatto con Bob Dylan, la grande passione della mia esistenza insieme a Giuseppe Verdi. Di Dylan sono poi potuto diventare il traduttore.

Impossibile non ricordare che lei proviene da una famiglia illustre e suo padre, Tito Schipa, resterà nella memoria collettiva come il più grande tenore che la storia musicale abbia mai avuto. Spesso però, un cognome così importante (nel suo caso anche lo stesso nome!) non significa sempre “porte aperte” o agevolazioni, a causa di paragoni che inevitabilmente si tende a fare: cosa ci può dire in merito?

Grazie di questo riconoscimento. La lunga carriera americana di Tito Schipa Senior rende molto raro trovare qui da noi la cognizione della sua importanza.
Mio padre mi ha avuto a quasi 60 anni, era molto lontano da me generazionalmente. Lo era anche fisicamente: restava in tournée fino a sette mesi alla volta, e lo fece fino all’ultimo. Quindi non ebbe mai una presenza diretta nella mia vita, né nel bene né nel male. Era molto difficile che al Piper Club qualcuno sapesse chi era Tito Schipa, o del resto che al Teatro dell’Opera qualcuno conoscesse Bob Dylan. Casomai sono stato io a fare di tutto per riportare alla memoria degli italiani uno dei più geniali artisti del Novecento, e ho dedicato a questo grandi quantità di tempo e energia.

Quali consigli le diede suo padre e cosa ricorda del periodo giovanile passato all’estero?

Nessun consiglio diretto sul mestiere, ero troppo piccolo, come lo ero nei miei primi tre anni vissuti da californiano. Più tardi suonammo qualche pezzo a quattro mani, e si arrabbiava perché correvo troppo, oppure mi insegnò a cantare in napoletano (lui leccese) con una buona pronuncia. Ma quando cominciai a lavorare come assistente alla regia per Lina Wertmuller lui era già mancato. Da un anno, per la precisione.

Torniamo ad Orfeo 9…l’opera divenne anche un film per la televisione,  oggetto di culto di tutti i suoi estimatori: ebbe problemi con la censura televisiva dell’epoca?

Problemi è un gentile eufemismo. In realtà fummo il bersaglio di una censura rabbiosa e ostinata. Praticamente ci si impedì con la forza di cogliere il risultato immediato, ossia quello che conta di più. Oggi Orfeo 9 sta ancora risollevandosi da quella mazzata micidiale (dovuta anche alla censura personale che la Rai mi aveva riservato già in precedenza per via di una canzone molto politicizzata presentata alla Gondola d’Oro) e abbiamo dovuto aspettare trent’anni per poter sperare di uscire da sotto il pelo dell’acqua. Le ragioni di questa ostilità vanno cercate nel fatto che nella storia a un certo punto compare una siringa, ma nessuno volle vedere l’evidenza, e cioè che si trattava del primo e forse del più circostanziato lavoro CONTRO la droga che la cultura giovanile italiana abbia espresso in quegli anni cruciali.

Nel cast figurano anche personaggi che in seguito si sarebbero affermati in modo eclatante come Loredana Bertè e Renato Zero. Alle session musicali partecipò anche il grande Tullio de Piscopo agli esordi. Come nacque la collaborazione con questi artisti?

Renato e Loredana erano sulla piazza romana già da alcuni anni, conosciutissimi da tutti ed esattamente identici all’immagine che poi li avrebbe portati al successo. Facevamo parte dello stesso gruppo, quello citato sulla copertina dell’Lp di Renato “Via Tagliamento”, e fu inevitabile collaborare. Tullio lo incontrai in sala d’incisione. Anche lui sottovalutatissimo, lavorava come turnista a Milano. Ma Bill Conti gli aveva messo gli occhi adosso.

La Bertè recentemente ospite in uno show (“Cocktail d’amore” ndr.) ricordava con gioia il periodo della vostra collaborazione. E’ ancora in contatto con lei e gli altri personaggi citati prima?

Ci vediamo e sentiamo ogni volta che possiamo, ossia poco rispetto a quello che vorremmo. Ma quando accade sono grandi feste e grande affetto.

Dopo Orfeo 9, realizzò un album “Io e io solo”, che riscosse un ottimo consenso popolare soprattutto tra il pubblico giovanile ma che le fece nascere problemi con la Rai, che contestava il suo testo considerato troppo politicizzato. Furono questi episodi a farla diventare restìo alle apparizioni televisive?

A dir la verità non ho mai amato troppo apparire. Non mi amo molto nel vedermi, e sento che come performer esprimo molto di più e più facilmente per le orecchie che per gli occhi. A parte questo, dal punto di vista della peformance personale, nella mia famiglia si è visto il massimo possibile, quindi perché tentare di ripercorrere sentieri così gloriosi? Preferisco aprire viottoli nuovi.

L’album vedeva la partecipazione di un giovane Fabio Liberatori, in seguito affermato autore di colonne sonore e membro storico degli “Stadio”.
Cosa ci può dire di lui?

Fabio fece parte del gruppo provvisorio che si creò attorno alla lavorazione dell’album. C’erano anche, fra gli altri, Walter Martino alla batteria e Nicola Distaso alla chitarra, tutti e due futuri membri di “Libra”. Con loro ho continuato a lavorare fino a oggi (per esempio nel concerto live su Bob Dylan e Jim Morrison che si chiama “Tradurrock”) e spero di continuare domani. Con Fabio invece ci siamo persi, perché mentre su disco sentivo il forte bisogno di una tastiera superlativa come la sua, dal vivo riuscivo a supplire da solo, anche per questioni di economia… Ma in sala di registrazione vederlo volare sul pianoforte, per esempio nell’introduzione di “Occhi del Nord”, era uno spettacolo indimenticabile.

Parliamo delle sue recenti colonne sonore per i film “L’anniversario”, “L’amore è cieco”, “Terrarossa” e “Film”.

Non sempre posso mettere in piedi grossi episodi di narrazione musicale tutti miei, le cose non sono mica diventate molto più facili, in questo campo! Così collaboro molto volentieri con registi amici. Lo faccio soprattutto per non perdere contatto col Cinema, che mi affascina e ossessiona quasi più della musica. Laura Belli, regista di “Film”, mi ha dato la possibilità di inserire una mia canzone inedita nella colonna. Lei è un’amica di Orfeo 9, quindi ci siamo intesi al volo. Anche Mario Orfini, produttore e regista de “L’anniversario” è legato a Orfeo, ne è stato il produttore! Ne “L’Amore è Cieco”, sempre prodotto da Orfini, ho potuto inserire una canzone di due miei amici geniali e quasi sconosciuti, Marco Piacente e Stefano Trabalza, arrangiata da Roberto Righini. Si chiama “So’ Zoccole” ed è divertentissima. “Terrarossa” è un film politico duro e puro di Giorgio Molteni dove ho potuto “usare” il mio amato Verdi contaminandolo con percussioni etniche mediterranee. Quanto a “I Figli di Oggi”, che voi giustamente non citate perché nessuno ne sa niente, è stato prodotto un anno fa dalla Rai, protagonista Ambra Angiolini, ma è sparito nel nulla, sempre in sintonia con quello che il giornalista Gaio Fratini chiamava “il giallo Schipa”.

Nel 1992 la troviamo nell’insolito ruolo di sacerdote per il film di Pozzessere, “Verso Sud”. Come arrivò a questa parte?

Anche Pasquale fa parte degli estimatori “sommersi”. Lo scoprii in quell’occasione e ne fui molto lusingato. Quando un’agenzia gli propose il mio nome non ebbe problemi a prendermi subito. Ci siamo divertiti moltissimo.

Ci parli della collaborazione con Fernanda Pivano per “Generazioni d’amore”. Sbaglio o collaborò anche al suo album “Dylaniato”?

L’incontro con Fernanda è uno degli episodi più dolci e lusinghieri della mia vita. Lo devo soprattutto a mia moglie Adriana, che da fan scatenata ne era divenuta un’amica del cuore. Quando Riccardo Bertoncelli chiese a Nanda un’idea su chi potesse tradurre tutto Bob Dylan per l’editrice Arcana lei mi indicò senza esitazione, e questo mi fece sollevare a un palmo da terra. L’editore prima mi “testò” con le poesie di Jim Morrison (“Deserto”), poi seguì il consiglio. Questo portò per conseguenza naturale alle note di copertina su “Dylaniato”, che la IT di Vincenzo Micocci decise di produrre quasi nello stesso momento. Traduzioni cantate a cui lavoravo quasi fin da bambino andavano su disco con la prefazione della più grande americanista italiana! Una cosa meravigliosa. Ora Ottavio Rosati, psicodrammatista e cineasta, ha realizzato con grande passione un documentario su di lei (“Generazioni d’Amore”) e mi ha offerto di scriverne la colonna sonora.
Naturalmente ho detto subito di no. 🙂

Di cosa trattava il suo progetto di film-opera intitolato GIOIA?

Ne tratta ancora, veramente. E’ subentrata come editrice musicale la Curci di Alfredo Gramitto,e “Gioia” è ufficialmente il mio prossimo progetto, se la vita e le altre mille cose mi permetteranno di arrivare a scriverlo fino in fondo. “Se amore o morte non dà qualche stroppio”, come dice il bel verso di Petrarca che ho scarabocchiato sulla prima pagina. E’ un altro racconto in forma di opera rock. Stavolta voglio dire quello che penso quando penso a Dio. Soprattutto non voglio vergognarmi di pronunziare questa parola. Ma a vivere l’avventura al posto mio ci sarà Gioia, appunto, una ragazzina di 16 anni centrata in pieno petto da un violentissimo coccolone religioso.

Nel prossimo futuro la troveremo sempre “girovago” tra musica e teatro o c’è qualcosa di nuovo in cantiere?

“Gioia” è il progetto primario. In America va avanti un mio progetto sulla “Tosca” di Puccini realizzata in Realtà Virtuale con le tecniche dell’animazione tridimensionale. Sto preparando con la Curci i cd delle tre colonne sonore che avete citato. E poi quest’anno, per il trentennale di Orfeo, bisognerà pur fare qualcosa!

Dato che questa intervista avviene via email e Palcoscenico è un portale, quale è il suo rapporto con le tecnologie informatiche ed Internet?

Totalizzante. Nel 1983 il primo computer specializzato in sequencing musicale è comparso nella mia vita e da allora la mia vita non è più stata la stessa. Internet poi, mi sembra una rivoluzione culturale di portata epocale, qualcosa di paragonabile all’invenzione della scrittura. Una delle chance più forti, per il pianeta, di passare a quella che per intenderci definiamo l’Era dell’Acquario (“Sympathy and understanding…”).

Il suo sito web è molto curato e lei dispensa di tanto in tanto, preziose chicche riguardanti la storia della lavorazione di “Orfeo 9”. Quali sono i suggerimenti o le email più curiose che ha mai ricevuto?

Il suggerimento più frequente, che certe volte mi commuove, è quello di ricomparire come cantautore. Molti diventano ossessivi, in questo, e anche mia moglie Adriana non scherza. Ma il mio periodo nelle fila della cosiddetta “seconda generazione” non mi ha portato grandissime soddisfazioni, e soprattutto non ha convinto fino in fondo me, che sono il mio spettatore più severo. Ora molte delle infinite canzoni (o solo testi) che sono rimaste nei cassetti stanno diventando romanze all’interno di un’opera. Lì mi piaccio di più, e quindi rischio volentieri.

Cosa pensa dell’abbondanza di siti web dedicati ad Orfeo 9?

Internet è un fenomeno spontaneo, quindi fa testo a molti livelli. Parafrasando una celebre sentenza di Hegel, potremmo dire, anche se è un paradosso, che “tutto ciò che è virtuale è razionale”.
L’attenzione a Orfeo 9 sulla rete è la prova provata che un pubblico vero esiste, cresce, resiste, e se trovasse il modo di essere appena coordinato e incoraggiato potrebbe venire allo scoperto e mettere sotto il naso dei signori della pseudo-comunicazione, in questo paese di imitatori, che ci siamo anche noi e che siamo veri.

Concludiamo questa chiacchierata, lasciando un messaggio ai suoi numerosi estimatori collegati in questo istante su Palcoscenico.

L’ho appena detto: grazie di esserci! Non pensate mai che per un solo momento della mia vita non stia lavorando per voi.

ELENA LANDI (fotografa e collaboratrice di Schipa jr) e FABIO SANNA

Ciao Elena e benvenuta su “Palcoscenico”. Partiamo in questo viaggio nella memoria per ricordare “Orfeo 9” e innanzitutto dicci come è nata la tua collaborazione con lo staff di Tito Schipa Jr.

ELENA LANDI: Ciao a te e ai naviganti di Palcoscenico! Tito ed io ci siamo conosciuti nel ’96  sulla chat interna del provider romano Agorà, quando Internet era per pochi eletti, visto che a quel tempo si usavano connessioni slip ed era un vero dramma configurare un computer. Ci siamo conosciuti un anno dopo in occasione della realizzazione di un libro fotografico di food (quello della moglie di Tito, Adriana Ruvolo, che oltre a bravissima costumista è anche cuoca leggendaria) e da lì sono partite innumerevoli collaborazioni e un’amicizia che è ormai consolidata e va oltre il rapporto lavorativo.

Quali sono state le tue impressioni dopo la prima visione di “Orfeo 9”?

La prima volta che vidi Orfeo 9 fu per caso! Mi ricordo che ero a casa a sonnecchiare sul letto con la tv accesa. Ad un certo punto sento cantare e dico tra me e me: “Sembra Tito”. Apro gli occhi ed era lui, giovane. Sono rimasta incollata su Rai Tre a vedere tutto Orfeo 9 quella notte rimanendo estasiata e affascinata. Mi riportava alla memoria Tommy, the Rocky Horror Show e il Fantasma del Palcoscenico ma era impressionante sentire una cosa del genere funzionare così bene in italiano. Oggi a distanza di anni ascolto spesso la colonna sonora mentre lavoro.

Cosa pensi del sito web dedicato all’opera di Schipa? (www.orfeo9.com)

ELENA LANDI: Penso che sia una bella iniziativa di Fabio Sanna, che noi abbiamo incoraggiato e accolto con grande entusiasmo. Fabio, che è musicista e telematico, è entrato a far parte dello staff di Tito diventando un punto di riferimento e il responsabile di www.orfeo9.com, un intero sito dedicato ad Orfeo 9 e che mantiene l’impostazione grafica e cromatica della copertina della prima edizione del disco. Per maggiori informazioni penso che la persona piu’ indicata a rispondere sia Fabio, perciò giro la domanda a lui.

FABIO SANNA: Avendolo fatto io, ne penso bene! 🙂
A parte gli scherzi…amo la musica progressive, amo i musical rock ed ho sempre  pensato che Orfeo 9 poteva benissimo fare la sua degna figura affiancato ai grandi nomi che Elena ha citato poc’anzi, ma mi sono sempre chiesto perchè non riusciva ad emergere dal “culto”, in cui era stato relegato. Ho cercato sulla rete informazioni riguardo Orfeo 9, ma con scarsi risultati. Ho trovato pagine dedicate a tutti tranne che alla mia opera rock preferita, così, in collaborazione con Luca Tornatola, ho deciso di creare un sito di prova, che ho proposto a Tito ed Elena… ed alla fine eccomi qui, sembra che a loro sia piaciuto, no?

Il cast di Orfeo 9 comprendeva nomi che sarebbero diventati celebri, come Renato Zero e Loredana Bertè. Quale attore ti ha più colpito nell’opera?

ELENA LANDI: Sono rimasta molto impressionata da Renato Zero e il suo “Venditore di Felicità”. É talmente giovane da non riconoscerlo quasi! Ma se guardate bene vi accorgete che tutti sono guidati benissimo e rendono il meglio. Pensate anche a che anno era (1972) e a cosa si vedeva in giro in materia di videoclip o simili.

Pensate che in futuro ci sia la possibilità di riportare Orfeo 9 alla ribalta di grandi teatri?

FABIO SANNA: Hai indovinato la parola magica: “possibilità”. La voglia c’è, le idee anche, ragazzi e ragazze bravi e volenterosi non mancano… l’unica cosa che manca è la possibilità, mettere sul palco un prodotto ben progettato e finito ha bisogno di tempo e produttori: sono loro che ti danno le possibilità. Oltretutto, c’è il rischio di andare a rovinare un mito, si deve usare cautela, tatto e professionalità!

Elena, nel tuo sito personale (www.elenalandi.it) scopriamo il tuo grande amore per la fotografia e le tue numerose collaborazioni con artisti del calibro di Alessandro Benvenuti e Fernanda Pivano. Parlaci di queste molteplici attività che svolgi e del rapporto con questi grandi personaggi…

ELENA LANDI: Provengo da scuole artistiche e questo mi ha permesso di sperimentare diversi settori. Il mio lavoro va dalla fotografia tradizionale e a tutto ciò che è legato ad essa fino al Project Manager e il SEO (Search Engines Optimization), professioni legate ad Internet, altra mia grande passione. Uso la rete dagli inizi e questo mi ha permesso di conoscere moltissime persone nei tempi in cui eravamo veramente in pochi ma buoni.
Alessandro Benvenuti l’ho conosciuto tramite una persona del suo staff che mi introdusse Red Ronnie, una notte, in una delle tante nostre chattate. Da li il passo fu breve. Nel collaborare con lui, sia per Internet che per le realizzazioni fotografiche, ci fu un bel feeling che credo traspaia dalle foto che sono on-line sul mio sito.
Ho un buon rapporto con molti artisti e con alcuni una grande amicizia. Questa bella armonia con loro, costituitasi nel tempo, ho deciso di trasportarla in un progetto cui sto lavorando da mesi. E’ un libro fotografico di artisti rappresentati per quello che sono e non come appaiono pubblicamente. E’ un progetto che ho deciso di dedicare a mio fratello Michele, scomparso di recente.

Per la Pivano così come per il regista Simone Barbuti hai realizzato i siti web. Hai avuto suggerimenti e indicazioni sulla realizzazione oppure hai lavorato su idee tue?

Difficilmente impongo una mia idea. Uso una metodologia che prevede di ascoltare le idee del cliente e nello stesso tempo dialogare su di tutto per creare un’intesa che sara preziosissima al momento della realizzazione. Il primo incontro è quello che mi permette di studiare chi ho di fronte, di percepire le sue caratteristiche.
Poi le confronto con la produzione del loro lavoro ed infine unisco il tutto alle loro esigenze. Con queste basi realizzo una bozza di partenza e di lì man mano si arriva al prodotto finale. Con Simone Barbuti eravamo amici dal tempo in cui lui era cameramen al Roxybar di Red Ronnie. Sapevo cosa voleva quindi ho solo dovuto aspettare il materiale e poi metterlo on-line.
Con la Pivano è stato tutto molto semplice. Mi ricordo che la conobbi anni fa ad una cena a casa di amici e stetti tutta la sera ad ascoltarla, affascinata dai suoi racconti e dalla sua personalità dirompente. Quando mi chiesero di realizzare il sito all’inizio ero un po’ spaventata dall’idea, ma poi ho solo dovuto raccogliere le emozioni provate quella sera e con l’aiuto di lei e di Adriana e Tito, suoi amici storici, ho realizzato il sito che ora è on-line a www.fernandapivano.it. La prima volta che lo vide ne rimase entusiasta e questo per me fu una grandissima soddisfazione. Ma non sempre e’ cosi facile. Ad esempio con Alessandro Benvenuti. Per tre anni ho realizzato e gestito il suo sito. Capire e trasportare i suoi pensieri sulla rete fu piu’ complicato perché avendo Alessandro una personalità vulcanica e idee estremamente precise e dettagliate fu veramente faticoso e impegnativo.

Raccontaci adesso la tua esperienza di direzione fotografica per la “Traviata” di Tito Schipa Jr.

Qui bisogna considerare che non conosco quasi nulla del grande mondo dell’Opera, cui Tito è invece legatissimo per questioni familiari. Quella Traviata in full-immersion, realizzata in mezzo al pubblico e con il pubblico, mi ha proiettato di colpo in un universo che non conoscevo e che non credevo mi potesse colpire così. Cominciai a scattare foto nella luce “vera” che Tito aveva creato (più con centinaia di candele che con i pochissimi proiettori) ma ritoccandola con gli accorgimenti necessari alla pellicola. La magia dell’allestimento è potuta così rimanere impressa anche nelle immagini fotografiche che troverete on-line.

Dalla tua biografia leggiamo che stai preparando un cortometraggio.

L’ amore per la fotografia e la creatività mi spinge a sperimentare sempre nuove forme di linguaggio. L’arrivo del digitale mi ha permesso di esplorare nuovi settori, come il cortometraggio. Per me che provengo da una fotografia statica passare a quella in movimento non è stata una cosa facile ma alla fine la luce è una sola e la sensibilità espressiva è sempre la stessa. Attualmente sto lavorando su più progetti in contemporanea: piccoli cortometraggi da mandare ai vari concorsi. Ma tutto questo mi serve per arrivare ad aquisire maggiore esperienza per realizzare un corto che abbiamo in cantiere. Un grosso progetto cui stiamo lavorando da un anno, che è in fase di sviluppo e che avrà scenografie, attori in costume, fotografia estremamente curata e una sceneggiatura in stile fantastico. Diciamo che ricorderà l’atmosfera di Sleepy Hollow di Tim Burton. Ma non posso aggiungere altro, è ancora davvero prematuro.

Tornando ad Orfeo 9, concludiamo questa intervista dando ai nostri lettori telematici più “distratti”, tre buoni motivi per appassionarsi a questa indimenticabile opera.

ELENA LANDI: Attuale, innovativa, coinvolgente.

FABIO SANNA: 1. fa parte della nostra cultura musicale e dovrebbe essere trattata al pari di Hair per gli americani o Jesus Christ Superstar per gli inglesi – 2. è bella ed ha belle musiche e parole 3. è in italiano, quindi la possiamo cantare tutti. Pensa ce l’ho fissa nello stereo della mia automobile da mesi e mesi e canto nel traffico da solo come un matto!

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