
LE COINCIDENZE SOSPESE
Maria Pagliaro
Enrique Vargas e il Teatro dei Sensi
Illustrazioni di Carolina Núñez Kock
(Navarra Editore)
Nel Teatro dei Sensi i ruoli tra attori e spettatori si scambiano: gli attori sono abitanti che “vivono” e animano un luogo, preparando uno spazio nel quale gli spettatori-viaggiatori possono effettuare il proprio viaggio, durante il quale si trasformano nei protagonisti della propria storia.
Ne Le coincidenze sospese, Maria Pagliaro (giornalista e curatrice di eventi teatrali e di arte contemporanea) costruisce un ritratto intimo e sorprendentemente vivo di Enrique Vargas, fondatore del Teatro dei Sensi, restituendone non solo la biografia, ma anche il mistero e la poesia. Più che una semplice narrazione cronologica, il libro è un percorso di scoperta, nato da un incontro casuale – o forse destinato – tra l’autrice e l’artista colombiano. Pagliaro ci accompagna in un viaggio che si muove tra le pieghe della memoria e della sincronicità, lasciando che siano le “coincidenze sospese” a guidare il racconto.
Il tono è confidenziale, a tratti onirico, come se ogni pagina fosse un passo dentro un labirinto sensoriale – proprio come gli spettacoli immersivi di Vargas. L’autrice alterna dialoghi, ricordi e riflessioni, rendendo il lettore quasi un interlocutore silenzioso, partecipe e curioso. Vargas emerge come un uomo fuori dal tempo: un cercatore, un inventore, un poeta dei sensi. Dai giochi d’infanzia nella giungla colombiana alle rivolte newyorkesi, dal teatro alchemico al legame con l’Europa, la sua vita si svela come una trama cucita con fili invisibili.
Il cuore pulsante del libro è proprio questa visione del teatro come esperienza immersiva, fondata non sulla rappresentazione, ma sulla partecipazione. Il Teatro dei Sensi di Vargas rompe la separazione tra spettatore e attore, tra scena e platea, tra mente e corpo. I sensi sono chiamati in causa in ogni forma: si cammina bendati, si toccano superfici sconosciute, si ascoltano suoni nel buio, si esplorano spazi che diventano paesaggi interiori. Non si guarda il teatro: lo si attraversa.
In questo, il lavoro di Vargas si discosta profondamente dal metodo Stanislavskij, che cerca la verità emotiva nella psicologia dell’attore e nella costruzione credibile del personaggio. Qui, invece, non c’è personaggio: c’è presenza. L’attore non interpreta, incarna uno spazio di senso, diventa guida e ostacolo. La narrazione è polifonica, spesso silenziosa.
E se con Artaud e il suo Teatro della Crudeltà si era cercato un shock, un’epifania viscerale attraverso un linguaggio non-verbale, crudele nel senso di necessario anche nelle sue azioni più disturbanti e olfattive, Vargas sembra andare oltre la ferita: invita alla trasformazione non con l’impatto carnale, ma con la delicatezza. È un teatro dell’iniziazione, non dell’aggressione. Un rito, non uno scontro, per quanto salvifico e di rinascita, come quello di Artaud.
Il libro è breve, ma ricco. Le parole sono scelte con cura e le illustrazioni dell’artista cilena Carolina Núñez Kock, che lo accompagnano (e che rimandano al mondo altrettanto affascinante di Jodorowsky), contribuiscono a dare una dimensione visiva a un universo teatrale in cui lo spettatore è parte dell’opera, e non più semplice osservatore. In questo senso, la lettura stessa si fa esperienza, gesto, ascolto.
Le coincidenze sospese non pretende di spiegare tutto. Piuttosto, suggerisce. E lo fa con delicatezza, con l’umiltà di chi sa che certe verità si svelano solo nel silenzio tra le parole. È un libro che si legge con gli occhi, ma anche – forse soprattutto – con il corpo. Con il cuore. Con i sensi. Chi ama il teatro che oltrepassa i confini del palco vi troverà molto più di un ritratto: vi troverà un invito.